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Andrea Corsini

Padova – Italia

1987   Fiori e bambini 

L’aria della città è sporca, inquinata: colori scuri. Sotto un cielo plumbeo lo smog ha danneggiato tutto, compresa l’arte e le sue opere, togliendo alla città anche la dignità di un’eventuale memoria storica e culturale. I colori, la fantasia, la creatività vengono negati alla vita dell’uomo moderno. Paninoteche, fastfood, jeanserie vorrebbero imporre i “veri” colori del momento: quelli del consumo. Negando così all’individuo la capacità di fantasticare, immaginare, riflettere. Nemmeno ai bambini viene ormai assegnato uno spazio adeguato, adatto a sviluppare pienamente le proprie potenzialità creative e fantastiche. La stessa immagine dei bambini viene proposta attraverso i mas media di una edulcorata e vuota “retorica del consumo”. Dal “baby pannolino” al piccolo ma accanito “divoratore di cioccolata”, è già chiaro il futuro che viene ad essi assegnato dall’ideologia dominante. I gesti, le risa dei bambini sono soffocati da un ambiente precostituito, prefabbricato. La possibilità di correre, saltare, giocare liberamente si riduce progressivamente nella grigia realtà di quartieri privi, per lo più, di verde, di strutture e di spazi adeguati. Come nel film di Vittorio De Sica “I bambini ci guardano” (1943), anche oggi essi si rivolgono al  mondo adulto con sguardo spesso critico, se non severo. Il loro sguardo, comunque interrogativo e indagatore, rappresenta un significativo interlocutore per la nostra coscienza.

Perché essi devono restare vittime di un mondo adulto ancora oggi, malgrado tutto, così scarsamente interessato al corso positivo delle umane “magnifiche sorti progressive”?

Riportare l’attenzione al mondo, compreso quello creativo, dei bambini, alla loro potenzialità immaginativa, risulta quindi un doveroso impegno nella prospettiva anche di un cambiamento dell’odierna condizione aliena dell’uomo. 

Il segno di cui si avvale Antonio Zago, puntuto e brulicante di una specie di microcosmo fabulistico, tende  ad indicare tale necessità. Costruendo una fitta serie di segni che, nel loro concatenarsi narrativo, evocano appunto nel mondo creativo infantile una dimensione liberatoria e fantastica. Il pittore di Padova analizza questa possibilità di racconto non in una vieta e scontata “ripetizione” di mondi espressi del mondo dell’infanzia, oppure attraverso un superficiale decorativismo grafico. Ma assumendo i segni di quel mondo in quanto proposta di una dimensione “altra”, “alternativa” rispetto a quella che il potere vorrebbe imporci. Nella consapevolezza che, come ebbe a scrivere tempo addietro Erich Fromm: “Si può accettare di essere definiti innocenti, no ingenui”.

Andrea Corsini


1987   L’ inquietante favola grafica di Antonio Zago

Contro cosa ringhiano i misteriosi animali immaginati da Zago?

L’oscurità dell’esistenza dell’uomo moderno viene espressa simbolicamente nei suoi fogli recenti, in prevalenza acrilici, che si contrastano sul bianco della superficie dipinta e disegnata.

Un nero che indica un diffuso senso di ansia e di angoscia della nostra esistenza.

Pescecani, pesci voraci, pesci tondi e paffuti ma per nulla bonari, dalle fauci ben aperte e pronte a morsicare e divorare, si aggirano intanto tra queste masse scure di colore, oppure attendono di attaccare la preda, assieme a vermi policromi che continuano a strisciare subdolamente terra-terra.

Li contrastano però colpi di colore vivace e segni grafici guizzanti e dirompenti, tendenti ad esprimere un senso di positiva vitalità, sottraendosi al buio che, progressivamente, avanza ed incombe sulle nostre teste.

La favola grafica che Zago ci racconta in questi acrilici non è un’evasione puramente fantastica: appare spesso contrastata se non inquietante.

Mentre figure stilizzate di bambini attraversano la composizione tenendosi per mano, quasi rivolte a formare una reciproca e vigile difesa e protezione, emerge al contempo lo spirito belluino insito nella natura umana.

È espresso dagli atteggiamenti famelici e feroci di questi strani animali, che sembrano volere aggredire a morsi addirittura lo spazio della nostra esistenza quotidiana.

Attraverso questa sorta di narrazione fabulistica, in cui la vitalità del segno e dei colori si contrappone alla negatività simbolicamente oscura del nero, Antonio Zago prospetta la speranza di un futuro in cui l’attenzione dell’uomo possa rivolgersi a nuove, liberatorie dimensioni della propria individuale immaginazione.

Andrea Corsini